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-Figlia di un Do maggiore.

Perché “il direttore” Venezi non è affatto “fuori dalle righe”, anzi.

Torna il Carnevale di Fano, un evento che accoglie decine di migliaia di persone, e torna l’impressione che l’Ente che lo gestisce voglia fare retorica politica. Quest’anno l’Ente riaccende la miccia all’ideologia presentando come “madrina” del Carnevale il “direttore d’orchestra” Beatrice Venezi e definendo “fuori dalle righe” la sua scelta di farsi chiamare “direttore”.
Venezi è un personaggio controverso per varie polemiche e gioielli mediatici quali l’entusiasmo con cui ha accolto l’elezione di Giorgia Meloni, “il Presidente”. La musica passa in secondo piano per le note ‘social’ di Venezi, che pare promuoversi molto come personaggio pubblico, anche se poi si lamenta delle critiche- contrappasso anche pesanti circa le sue scelte e la sua cultura (“bacchetta nera”).
Forse sarebbe necessario stendere qualche pausa nel pentagramma dei social media?
Vediamo come l’Ente Carnevalesca di Fano descrive Venezi, mostrando più interesse alle polemiche che alla sua professione: “… non poteva esserci scelta migliore per l’ospite della manifestazione 2024. Il “volto” dell’evento carnascialesco più antico d’Italia sarà infatti Beatrice Venezi, una delle direttrici d’orchestra più giovani del mondo salita alla ribalta della cronaca anche perché, durante un Sanremo, ha chiesto di essere chiamata “direttore” e non “direttrice”. Una frase che ha fatto molto rumore e che la colloca, di diritto, “Fuori dalle righe…e dagli spazi”.
Con l’uso delle desinenze professionali al maschile (direttore, presidente…) sia Meloni che Venezi hanno voluto ribadire la loro non-differenza dal maschile come neutro. A noi però sembra che proprio perché critica le desinenze professionali al femminile, presenti nei dizionari non per tradizione od ortodossia ma grazie agli ultimi 200 anni di battaglie delle donne, Venezi sia molto dentro le righe e dentro gli spazi.
L’uso della desinenza al femminile non è svalutativo, e non l’ha inventato la “sinistra” ma è patrimonio di tutte le donne che si sono spese per l’emancipazione e per la dignità personale e professionale, e da ben prima degli anni del Suffragio universale.
Chi come Venezi afferma che la sua professione va declinata al maschile, come neutro che va bene per tutte, si contraddice oltretutto nei fatti: Venezi, coi suoi spot pubblicitari, accetta di calcare la mano sullo charme femminile vecchio stile, una marcia in più per la sua visibilità.
È il sessismo a scrivere questi spazi e queste righe, perché lega la professione di una donna al giudizio sul suo aspetto in modo estremamente diverso secondo il genere.
E’ proprio il sessismo che finge che le donne non portino una differenza e poi le inchioda con mille pratiche a ruoli nei quali i giudizi sul corpo sono in primo piano: a valutazioni discriminanti oppure, come nel caso di Venezi, molto adulanti.
Per molte donne in carriera è l’individualismo che premia il lavoro facendole spiccare sulle “Sorelle di Mozart”, rappresentando l’eccezione alla regola:
Fratelli d’Italia nel caso di Meloni (i tradizionalisti Fratelli hanno una donna capofamiglia), incarichi prestigiosi e inviti promozionali per Venezi (c’è chi ironizza sul film “Tutti gli uomini del Presidente”). Per meritarsi ruoli centrali occorre dimostrare fedeltà a certi valori, di qui anche questo inutile attacco alla linguistica.
“Orsù dunque, avvocata nostra”…polemizzare contro l’uso delle desinenze al femminile nelle professioni è comunque la dimostrazione di quanto irriconoscenti verso le altre possano essere molte donne di potere. Perché dalle nostre simili che hanno scelto di farsi chiamare “avvocata, ingegnera, la poeta, la giudice ecc.”, uscendo dall’individualismo per prendere parola anche collettiva, noi donne, di qualsiasi opinione politica, abbiamo ereditato la libertà ed i pioli delle nostre scale.
Se l’Ente Carnevalesca vuole fare politica filogovernativa (e pensare che un tempo il Carnevale faceva satira sui potenti…) eviti almeno di usare come cartapesta (per non dir di peggio) le pagine del dizionario Treccani della lingua italiana.

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